Il segmento testuale Gian Carlo Pajetta è stato riconosciuto sulle nostre fonti cartacee. Questo tipo di spoglio lessicografico, registrazione dell'uso storicamente determinatosi a prescindere dall'eventuale successivo commento di indirizzo normatore, esegue il riconoscimento di ciò che stimiamo come significativo, sulla sola analisi dei segmenti testuali tra loro, senza obbligatoriamente avvalersi di vocabolarii precedentemente costituiti. Nell'intera base dati, stimato come nome o segmento proprio è riscontrabile in 269Entità Multimediali , di cui in selezione 14 (Corpus autorizzato per utente: Spider generico. Modalità in atto filtro S.M.O.G.: CORPUS OGGETTO). Di seguito saranno mostrati i brani trascritti: da ciascun brano è possibile accedere all'oggetto integrale corrispondente. (provare ricerca full-text - campo «cerca» oppure campo «trascrizione» in ricerca avanzata - per eventuali ulteriori Entità Multimediali) |
da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 361
Brano: Pajetta Noè
Il « nuovo internazionalismo »
Un particolare contributo è stato dato da Gian Carlo Pajetta nel campo dei rapporti internazionali del P.C.I.. Per quanto riguarda le relazioni con i paesi dell’Europa Orientale, egli ha descritto tale contributo nel libro Le crisi che ho vissuto (Editori Riuniti, 1982). Ripercorrendo lungo il filo della memoria le principali tappe dell'attività personalmente svolta dal 1953 (« quando eravamo tutti stalinisti »), fino agli anni Ottanta, egli espone le proprie esperienze e opinioni di fronte a vicende quali la ripresa dei rapporti tra l'U.R.S.S. e la Jugoslavia di Tito, il XX Congresso del P.C.U.S., la « primavera di Praga » del 1968, fino agli ultimi a[...] [...]tico) su quello che viene sommariamente definito « socialismo reale » e il libro si conclude con l'affermazione che occorre un « internazionalismo nuovo », fondato sempre sul reciproco sostegno tra paesi socialisti, ma al tempo stesso rispettoso della sovranità, dell'autonomia, della specificità storica e nazionale di ognuno, il che non è evidentemente accaduto in Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia e altrove. Il problema dello stalinismo appare a Gian Carlo Pajetta ancora « insolubile »: « Si poneva quindi il problema dei dispotismo in una società senza classi e nel partito stesso della classe operaia [...] Ma perché e come si era arrivati al dispotismo? Non riuscimmo né allora né poi ad affrontare il problema fino al fondo» (pag. 74). E ancora: « Di fronte ad alcuni dei problemi posti allora, io personalmente non potrei rispondere, in tutta onestà, se non che per l’immediato paiono insolubili [...] Ci troviamo di fronte a problemi che restano ancora da affrontare perfino nel giudizio storico. È ancora insoluto il problema di come la forza, la presenza,[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 607
Brano: Comitato di liberazione nazionale dell'Alta Italia
La delegazione del C.L.N.A.I. incontratasi con i rappresentanti degli Alleati a Caserta nel dicembre 1944. Da destra: Ferruccio Parri, il generale Maitland Wilson, Gian Carlo Pajetta, Alfredo Pizzoni, Edgardo Sogno
fasciste nelle loro file. E quando nel maggio riprese l’offensiva alleata, che portò alla liberazione di Roma (4 giugno) e alla fine di agosto a quella di Firenze, il C.L.N.A.I. trovò in questa favorevole situazione una spinta per una intensa attività legislativa: infatti esso approvò tutta una serie di decreti che miravano non solo a favorire la lotta partigiana, ma che si preoccupavano anche di preparare le condizioni per l’instaurazione di una effettiva democrazia nel nostro paese mediante l’eliminazione di tutta la vecchia burocrazia e il rinnovamento so[...] [...] cambio e mostravano, tornando sempre sulla loro ormai radicata diffidenza verso i C.L^N. come strumenti del nuovo potere, di voler privare i C.L.N. stessi di ogni funzione politica rinnovatrice per ridurli a semplici organi tecnico* amministrativi: anzi, sembrava che proprio ad essi assegnassero il compito di restaurare la vecchia società.
Una profonda delusione dovette impadronirsi dei rappresentanti del C.L.N.A.I. (Parri, Alfredo Pizzoni e Gian Carlo Pajetta), delusione che traspare chiaramente dal racconto che et ha lasciato Parri della firma dell’atto con cui gli angloamericani riconoscevano il C.V.L. come l'ese
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da Contro ogni ritorno : dal fascismo alla Costituzione repubblicana : Provincia di Firenze, 2 giugno 1972 / \a cura di Claudio Galanti, Paolo Tinti, Giovanni Verni!, p. 130
Brano: [...]tutte le regioni del Nord. Capivo bene che senza una collaborazione sicura e stabile con loro non aveva senso parlare di unità. Ed attendevo con ansia, impazienza ed un certo rovello che si chiarisse la strada per una spiegazione e l’inizio di una collaborazione fattiva in seno al Comitato.
Fu l’avanzata delle truppe alleate che aperse la strada per arrivare a Roma a lasciare il campo anche all’intesa tra Parri e Longo. L’angelo della pace fu Gian Carlo Pajetta. Allora mi pare aveva ancora un po’ di capelli e le aiucce gli sarebbero state bene. Il negoziato cominciò in maggio.
Della necessità di accordo non aveva proprio bisogno di persuadermi. Ma il piano che Longo proponeva, d’accordo con Roma, era assai più ambizioso: creare un unico organo di comando o meglio di direzione centrale, paritario, coi compiti distribuiti tra i rappresentanti dei vari partiti, restando diviso tra noi due il reparto operazioni. Non più Comando Alta Italia, ma Comando per l’Italia occupata. I titoli si adeguavano alle speranze, alle illusioni della pronta liberazion[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 383
Brano: [...]le porto militare della Repubblica sociale italiana, fortemente presidiato dai tedeschi che lo tennero sotto controllo fino all’ultimo momento. A tutto ciò si aggiungeva il fanatismo delle Brigate nere locali, comandate da capi sanguinari come Max Gallo alla Spezia e Michele Rago a Sarzana. Di qui uno sviluppo della lotta partigiana più lento e graduale rispetto ad altre zone meglio favorite dalle circostanze.
Come risulta da una relazione di Gian Carlo Pajetta del dicembre 1943, nel contesto provinciale il primo gruppo armato fu il G.A.P. sarzanese, costituito da Arturo E. Baccinelli (ucciso in un agguato nel marzo 1944), già neN'ottobre 1943. Dopo una laboriosa fase organizzativa, dedicata alla raccolta di armi e alla scelta delle basi, la prima formazione partigiana si insediò, nel dicembre 1943, in località Trambacco sopra Caprigliola. Ne facevano parte, tra gli altri, Paolino Ranieri, Flavio Bertone, R. Schiasselloni,
G. Luciani, A. Sabbatini, P. Madrigani. Si trattava di una trentina di elementi male armati ed equipaggiati alla bell’e megli[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol V (R-S), p. 110
Brano: [...]Churchill e Lord Selbourne, ministro responsabile del S.O.E., ritenevano che la Resistenza italiana meritasse ogni sostegno.
Comunque non mancarono contraddizioni organizzative e tattiche all’interno del campo alleato, mentre restano ancora da chiarire le ragioni per cui il Proclama di Alexander sia stato emanato dall’A.F.H.O. il giorno precedente l’arrivo (14 novembre) di una importante delegazione del C.L.N.A.I. composta da Ferruccio Parri, Gian Carlo Pajetta, Alfredo Pizzoni ed Edgardo Sogno (v. Protocolli di Roma).
Gli “accordi di dicembre"
L’obiettivo centrale della strategia degli Alleati nei confronti della Resistenza consistette nel giungere a precisi accordi sui concetti di disarmo, smobilitazione e passaggio completo dei poteri, al momento della Liberazione, nelle mani dell’A.M.G.. In cambio, il movimento partigiano avrebbe potuto usufruire di notevoli quantità di armi e di denaro.
Gli Alleati guardavano con ansia al momento successivo alla Liberazione, per loro cruciale in quanto rappresentava la fine della loro esperienza milita[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 360
Brano: Pajetta, Gian Carlo
Gian Carlo Pajetta (seduto, a sinistra) con Arrigo Boldrini ed Ennio Cerveilati a Ravenna dopo la Liberazione (1945)
che, il 17.5.1933, lo condannò a 21 anni di reclusione per « costituzione del P.C.d’I. e propaganda sovversiva ». Rimase in carcere per oltre 11 anni, cioè fino alla caduta del fascismo, senza mai desistere, nelle pur dure condizioni carcerarie, da un tenacissimo impegno politico e intellettuale che lo portò a emergere come quadro dirigente tra i compagni di prigionia.
Così riferirà egli stesso sugli anni trascorsi nel carcere di Civitavecchia: « ... l’impedimento di fare altre cose mi ha f[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol IV (N-Q), p. 359
Brano: [...]ro generale di Torino, i 40 giorni del 1920. Facevo la quarta elementare e scioperavo per solidarietà con i miei genitori che scioperavano. A 14 anni seppi che potevo iscrivermi alla Federazione Giovanile Comunista. I miei genitori mi dissero: ”Te lo sconsigliamo, però fa’ quello che vuoi". Alla prima riunione cui assistetti ci venne comunicato che la Federazione entrava nell 'i l legai ita. Venni arrestato la prima volta a 15 anni. [...] Fui
Gian Carlo Pajetta da ragazzo
escluso per tre anni da tutte le scuole del regno. Qualche mese più tardi venni arrestato di nuovo. Stavolta conobbi non solo la questura, ma il carcere. [...] Continuai a fare sempre più attivamente il militante e mi cacciai sempre più nei pasticci. Nel '27 fui di nuovo arrestato ed ebbi due anni di galera dal Tribunale Speciale. I poliziotti mi avevano definito, con una certa ammirazione, un giovanotto speciale. Ma avevo anche una madre particolare [...]. Dimesso dal carcere, ripresi a studiare. Mi presentai alla maturità come privatista. Il mio compito d’italiano fu giudicato[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 617
Brano: [...]e del prigioniero (« vittima del fascismo che, lasciandolo senza cure, lo assassina lentamente»), acconsentì al suo ricovero in una clinica di Formia.
In transito per la nuova destinazione, Gramsci sostò per una decina di giorni nel carcere di Civitavecchia (v.), ma venne tenuto isolato. Nessuno dei numerosi comu
Cella di Gramsci nel carcere di Turi
nisti che si trovavano in quel carcere (Terracini, Scoccimarro, Pietro Secchia, Santhià, Gian Carlo Pajetta, Celeste Negarville, Gerolamo Li Causi e altri) potè parlargli.
Negarville ricorderà, più tardi, che « un solo compagno, per puro caso, riusci a vedere Gramsci mentre veniva accompagnato dal capoguardia alla visita medica. Questo compagno ci raccontò che Gramsci camminava lentamente e che gli era parso febbricitante, rinchiuso nel suo cappotto di recluso, del quale teneva il bavero rialzato ».
Raggiunta Formia il 7.12.1933, Gramsci vi restò sino al 4.8.1935. Egli aveva ottenuto il 25.10.1934 la libertà condizionale, ma ciò non aveva modificato la sua situazione: gli era stata tolta l’in[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol II (D-G), p. 82
Brano: [...]e violenze squadristiche contro l’opposizione operaia. Non riuscendo a farlo recedere dalla propria decisione, i fascisti lo malmenarono e presero a perseguitarlo. Attratto dalle idee socialiste, prese subito contatto con Pietro Nenni e con gli ambienti socialisti torinesi e milanesi, divenendo poi, all’Università, uno dei massimi animatori dell’antifascismo studentesco, assieme ad Aldo Garosci, Mario Andreis, Leone Ginzburg, Dante Livio Bianco, Gian Carlo Pajetta, Luigi Scala, Massimo Mila. Nel 1927, mentre continuava i suoi contatti con i residui nuclei socialisti, diede vita a un giornale socialistarepubblicano, Umanità Nuova; fece quindi una
fuggevole esperienza con il movimento clandestino torinese Giovane Italia, di intonazione vagamente socialista ma legato a tradizioni e simbologie massoniche, passando infine a collaborare con nuclei socialisti e del costituendo movimento « Giustizia e Libertà » emigrati in Francia.
Appassionato ed esperto alpinista, nel 1926 fu nominato ispettore dei rifugi alpini del Club alpino italiano, incarico di cu[...]
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da Enciclopedia dell'antifascismo e della Resistenza. Vol I (A-C), p. 645
Brano: [...]didati: quasi tutti avevano partecipato alla guerra in difesa della repubblica spagnola o alla Guerra di liberazione in Italia o alla Resistenza in altri paesi d’Europa. A far parte della direzione furono chiamati come membri effettivi Paimiro Togliatti (segretario generale), Luigi Longo (vicesegretario generale), Giorgio Amendola, Arturò Colom
bi, Giuseppe Di Vittorio, Girolamo Li Causi, Umberto Massola, Celeste Negarville, Agostino Novella, Gian Carlo Pajetta, Antonio Roasio, Giovanni Roveda, Mauro Scoccimarro, Pietro Secchia, Emilio Sereni, Velio Spano; e come membri candidati, Edoardo D’Onofrio, Ruggero Grieco, Rita Montagnana, Teresa Noce, Giuliano Pajetta, Umberto Terracini.
« Rinnovare l’Italia » fu la parola d’ordine lanciata dal Congresso. Per il raggiungimento di tale obiettivo il P.C.I. si impegnava a operare con tutte le sue energie, consolidandosi nello stesso tempo come « partito nuovo ». Già lo era, ma doveva diventare ancor più quella forza politica e di massa, di cui Gramsci aveva previsto la creazione. « Esso era stato, in un mo[...]
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Grazie ad un complesso algoritmo ideato in anni di riflessione epistemologica, scientifica e tecnica, dal termine Gian Carlo Pajetta, nel sottoinsieme prescelto del corpus autorizzato è possible visualizzare il seguente gramma di relazioni strutturali (ma in ciroscrivibili corpora storicamente determinati: non ce ne voglia l'autore dell'edizione critica del CLG di Saussure se azzardiamo per lo strumento un orizzonte ad uso semantico verso uno storicismo μετ´ἐπιστήμης...). I termini sono ordinati secondo somma della distanza con il termine prescelto e secondo peculiarità del termine, diagnosticando una basilare mappa delle associazioni di idee (associazione di ciò che l'algoritmo isola come segmenti - fissi se frequenti - di sintagmi stimabili come nomi) di una data cultura (in questa sede intesa riduttivamente come corpus di testi storicamente determinabili); nei prossimi mesi saranno sviluppati strumenti di comparazione booleana di insiemi di corpora circoscrivibili; applicazioni sul complessivo linguaggio storico naturale saranno altresì possibili. |
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